Chiesa di San Domenico


 

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I Domenicani arrivarono a Chieri, come nucleo staccatosi da quello di Asti, verso il 1250.

I frati si insediarono in una piccola chiesa preesisten­te, conosciuta dai documenti con il nome di Chiesa di S. Maria del Portone, ubicata al di fuori della cerchia muraria cittadina (l’appellativo “del Portone” presume che fosse a ridosso della porta orientale della città).

La costruzione della chiesa gotica di San Domenico iniziò verso il 1326 e si concluse verso il 1388; tuttavia di questa prima chiesa resta forse solo il campanile.

 

La fabbrica di San Domenico riaprì, successivamente, tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo.

A questo periodo risale la costruzione delle cappelle, ad opera di diverse famiglie nobili chieresi, tra cui spicca quella dei Villa, signori di Villastellone. Questa famiglia contribuisce in maniera sostanziale al finanziamento di varie opere, quali la decorazione della cappella sottostante il campanile, il rinnovo della facciata, l’ornamentazione della Cappella della Maddalena con un trittico ligneo (oggi conservato a Bruxelles).

In quest’epoca l’altare maggiore era collocato nell’abside mentre il coro era posto davanti ad esso, nel presbiterio. Un pontile, tra il transetto e la navata, divideva la zona adibita al culto dei frati da quella assegnata ai fedeli.

 

Nella prima metà del XVI secolo si ebbero modeste trasformazioni, tra cui l’inserimento sull’altar maggiore del Crocifisso ligneo di scuola nordica (oggi nella Sala Capitolare del convento) e, sul finire del secolo, alcune modifiche suggerite dalla Controriforma.

 

Alla prima metà del XVII secolo appartengono altri interventi in stile barocco, finanziati dalla famiglia Broglia (tra gli autori delle opere decorative ricordiamo R. Levoyer d’Orleans ed il Moncalvo).

Il Moncalvo e gli artisti della sua scuola realizzarono anche diverse pale, tutt’oggi conservate nella chiesa.

 

L’ARCHITETTURA

L’esterno                                                                                                                                           

La facciata è stretta e slanciata, suddivisa in tre parti da contrafforti che terminano sopra il frontone in agili pin­nacoli.

In alto, al centro, si apre un’elegante trifora ed ai lati due finestre ogivali.

L’ampio portale quattrocentesco è incorniciato da decorazioni (modanature, sagome, palmette) in finissimo cotto.

La facciata si presenta, inol­tre, inclinata rispetto al corpo della chiesa, perché costruita sulle fon­damenta dell’antica cinta muraria, demolita nel XIV secolo.

Il campanile risulta già ultimato nel 1381. E’ alto cir­ca 52 metri, ha finestroni ogivali incorniciati da sagome e moda­nature in cotto, con la cornice di pregio in archetti e rombi, ripetuta nei quattro piani sotto le finestre.

In origine il tetto aveva una sem­plice copertura; successivamente, nel corso del Quattrocen­to, sono state aggiunte la cuspide ottagonale centrale e le quattro guglie ai lati.

 

L’interno                                                                                                                                   

La chiesa di S. Dome­nico ha pianta a croce latina. Misura circa 55 metri di lunghezza, 18 di larghezza e 15 di al­tezza. La navata destra e più lunga di circa 2 metri rispetto a quella di sinistra, a causa della facciata obliqua.

Ai lati delle due navate laterali si aprono le nove cap­pelle, costruite tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, come sepolcri nobiliari ed incorporate alla chiesa solo nel cor­so del XV secolo, oltre alle due cappelle coeve, ai lati del presbiterio (la più antica, quella della Natività, fu fatta costruire da Franceschino Villa alla base del campanile, tra la fine del trecento e l’inizio del quattrocento).

Dello stesso periodo sono gli affreschi all’interno, che rappresentano la Nascita di Maria, la Presentazione della Vergine al Tempio, la Vergine tra le compagne nel tempio ed infine un frammento della Adorazione dei Magi.

Il ciclo, delle ‘Storie della Vergine’ è considerato tra i più antichi, fra quelli gotici presenti a Chieri.

 

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I restauri più recenti                                                                                                                                                                             

Con il restauro degli affreschi e la costruzione di una volta lignea (sulla copia dell’originale mancante) all’interno della cappella della Natività (2006-2008), e i restauri nell’attigua cappella di San Matteo (2009) e si è concluso un programma di conservazione del campanile avviato nel 1999, finanziato dalla Regione Piemonte, dal Comune di Chieri e dalla Compagnia di San Paolo.

Gli affreschi della Cappella sono stati oggetto di un intervento di manutenzione programmata nel 2014 così come l’affresco della Madonna del latte e il crocifisso ligneo nella sala capitolare.

Il restauro più recente ha interessato, nell’estate del 2014, l’intero portale in cotto della facciata. Gran parte dell’importo è stato autofinanziato, grazie all’acquisto cumulativo dell’abbonamento musei promosso a fine 2013 dalla Compagnia, e sottoscritto da oltre 2150 cittadini coinvolti nell’iniziativa.

Tutti gli interventi sono stati eseguiti dal Consorzio San Luca per l’Arte e la Cultura e il Restauro di Torino.

 

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Guglielmo Caccia, detto ‘IL MONCALVO’

Nasce a Montabone presumibilmente nel 1568.

Esordisce appena diciasset­tenne a Guarene, dove sono custodite due sue opere firma­te e datate 1585.

 

Intorno al 1593 si trasferisce a Moncalvo, do­ve acquista un’abitazione in cen­tro. La decisione fu quasi sicuramente le­gata alla necessità di risiedere nei pressi del Santuario di Crea, dove il Caccia collaborava ai lavori iniziati nel 1590.

Dall’inizio del Seicento il pittore opera anche a Chieri, dove tiene una vera e pro­pria bottega (suoi allievi furono il chierese Francesco Fea e Giovanni Crosio di Trino Vercellese). La sua maturazione si completa a Torino, tra il 1605 ed il 1608, quando partecipa insieme al celebre pittore Federico Zuccari alla pre­stigiosa impresa decorativa della Grande Galleria (distrutta da un incendio) che uni­va l’antico castello degli Acaja al nuovo Pa­lazzo Ducale (poi Reale).

 

Lo stretto contatto con lo Zuccari in­duce il Caccia ad una profonda medita­zione sulla pittura tardo manierista di area centro italiana, sulla quale egli aggiorna il suo linguaggio pittorico.

 

Verso il 1625 il Moncalvo esprime il desiderio di ave­re le figlie accanto a sé, in particolar modo Orsola Maddalena (entrata nelle Orsoline), per aiutarlo nella botte­ga ed assicurare il proseguimento dell’atti­vità artistica.

Ciò lo porta a rivolgersi a Monsignor Scipione Agnelli, Vescovo di Casale Monferrato, affinchè gli consenta di erigere un convento annesso alla sua casa a Mon­calvo. Il convento diviene presto un vivace laboratorio artistico, conosciuto an­che come “il convento delle suore pittrici”.

 

Opere in San Domenico

La chiesa possiede il maggior nume­ro di opere del pittore.

Due opere si trovano in due cappelle consecutive della navata destra:

–     Nella quarta cappella, dedicata alla Madonna del Ro­sario, la pala d’altare (inizio 1600) raffigura la Vergine che consegna il Rosario a San Domenico mentre il Bambino lo porge a Santa Caterina

–     Nella quinta cappella, dedicata a San Pietro Martire, la pala d’altare (coeva) raffigura il Santo ai piedi del Crocifisso.

 

Altre tredici opere si trovano:

–     Nel catino absidale dove, incorniciati da preziosi stucchi, vi sono cinque meda­glioni che raffigurano i cinque maggiori San­ti dell’Ordine Domenicano: San Raimondo di Penafort, San Tommaso D’Aquino, San Domenico di Guzman, San Pietro Martire e San Vincenzo Ferrer.

–     Nella zona del pre­sbiterio i quattro Evangelisti; episodi della vita di San Domenico (“La predica­zione” e “La resurrezione di un fanciullo”) nelle due lunette delle pareti laterali; due enormi tele in basso che riproducono “La moltiplicazione dei pani” e ” La resurre­zione di Lazzaro”.

 

Opere dell’artista sono conservate anche in altre Chiese: Santa Margherita, Duomo (Santa Maria della Scala), San Bernardino, San Gior­gio e San Michele.

Nel 1871 i Domenicani avviarono i lavori per il recupero strutturale e funzionale della chiesa.

 

Accanto alla chiesa sorge il convento, con due chiostri interni divisi da una manica trasversale. Resti di finestre con cornice ogivale in cotto testimoniano l’origine medievale del complesso. Tra il 1427 ed il 1434 esso ospitò l’Università degli Studi di Torino.