Ex ghetto degli Ebraico
Il nucleo originario del Ghetto chierese è compreso tra il Convento di S. Domenico e quello della Pace, ed è delimitato da
via Vittorio Emanuele, via della Pace e da Vicolo della Corona Grossa.
In questo settore sorgevano, nel XV secolo, due gruppi di abitazioni centrali e predominanti, appartenenti ai Solaro e ai Villa,
e due secondari, l’uno diviso tra i de Villa e i Bestandi e l’altro con le dimore dei Galieri.
LE CASE DEI SOLARO
Il nucleo centrale è al n. 8 di Via della Pace.
Il fronte strada presenta pregevoli bifore quattrocentesche.
L’ARCHITETTURA
Attraversato il passo carraio si entra in una corte chiusa tra volumi a due piani che formano una pianta quadrata dalla quale si estende un ulteriore corpo prolungato verso NE.
Il corpo prospicente la strada e quello a est costituiscono il nucleo principale del complesso, sottolineato da una preziosa scala ad unica rampa, inclusa in un loggiato formato con archi a sesto acuto e a tutto sesto, poggianti su colonne in laterizio.
I solai di questa parte dell’edificio, se pur rovinati, conservano ancora tutti i cassettoni in legno.
La casa si prolunga, con un volume collegato, sino racchiudere il cortile al civico n.10, dove si trova una scala a chiocciola in torre e, a destra del portone d’accesso, un pozzo coperto, ora in disuso.
IL GHETTO
Gli ebrei furono costretti a vivere nel Ghetto, a seguito delle Regie Costituzioni Sabaude del 1723 e del 1729, a partire dal 2 giugno 1724, quando una delibera del Comune autorizzò il conte Bonaudo di Robassomero, ad affittare il complesso delle case di sua proprietà (ex dei Solaro e dei Villa) alla comunità israelitica.
UNA GENERALE CONDIZIONE DI IMPASSE
Un interessante elemento, ai fini edilizi e urbanistici, derivato dell’esistenza del Ghetto, è la disposizione di legge che gli ebrei definirono “jus gazagà”, questo il motivo principale per cui le abitazioni hanno attraversato l’epoca barocca senza subire interventi di restauro e aggiustamenti decorativi, mantenendo fino ad oggi (seppur in una condizione di lento degrado) l’originale aspetto degli elementi costruttivi gotici e tardo-romanici.
A livello urbanistico ed architettonico, quindi, non è la condizione di Ghetto in sé che rende interessanti gli edifici di questo isolato, ma la loro datazione al tardo Medioevo.
Unico elemento storico che, invece, rimane, ed è significativo rimanga, a ricordo della segregazione della comunità ebraica, sono i tre portoni su Via della Pace e quello su Vicolo della Corona Grossa, che le Regie Costituzioni imponevano si chiudessero ogni sera dopo il coprifuoco.
Il regime del ghetto durò fino al 1801; venne ripristinato con la restaurazione monarchica nel 1814, e definitivamente abolito nel 1848, con la promulgazione dello Statuto albertino.
Durante l’età napoleonica, con la progressiva apertura dei ghetti, gli ebrei chieresi, come quelli di altre comunità del Piemonte, acquistarono le abitazioni che per decenni avevano locato e, in seguito, anche altre case nelle immediate adiacenze del vecchio Ghetto.
I due corpi delle case dei Solaro, disposti a L, rispettivamente a destra e di fronte per chi entra nella corte al n. 8 di Via della Pace, furono adattati dalla Comunità Ebraica a Sinagoga e a “Sala dei pasti comuni”.
Lo “jus gagazà”
Fu un accordo di locazione per la quale il proprietario non poteva sfrattare l’inquilino non moroso e non poteva aumentare l’affitto, se non in seguito a dimostrati lavori di miglioria; al contempo l’ebreo “inquilino” poteva recedere dal contratto o trasmetterlo ad altra persona, ma non poteva pretendere lavori di miglioria anche se resi necessari dalle condizioni dell’edificio. Questa disposizione, che nacque per evitare abusi nei canoni di locazione a carico di inquilini non liberi di scegliere la propria dimora, portò presto ad un abbandono del bene da parte dei proprie tari, i quali, in mancanza di un utile, non curarono la manutenzione degli stabili e il loro stato di degrado. Questa condizione, se da un lato rese ulteriormente disagiata la vita nei ghetti, dall’altro favorì la conservazione dello status quo, trasmettendo sino a noi una serie di case tipologicamente non rimaneggiate nel periodo Barocco.
Negli anni la superficie ed il numero di abitazioni dell’intero isolato che comunemente identificava il ghetto, varia.
Nel 1724 la Comunità conta 10 famiglie e 70 persone, nel 1810 si arriva a 15 famiglie e 106 persone ed il momento di massima espansione negli anni ‘30-‘40 dell’ottocento comprende una ventina di famiglie.
Vengono gradualmente inserite nel ‘recinto’ anche abitazioni adiacenti ai due palazzi medievali più importanti.
La sinagoga
Era ospitata al primo piano dell’ala orientale.
Rimane in funzione fino al 1935. La Comunità venne in quel periodo accorpata a quella torinese.
Gli arredi furono trasferiti a Torino, già dal 1942, per sostituire quelli della sinagoga torinese distrutti da un incendio. In particolare la grande sala della Sinagoga, con la volta decorata a motivi ornamentali tardo-ottocenteschi che racchiudono sei riquadri con scene bibliche, è stata divisa con un solaio e, nella zona inferiore, si è ricavato un alloggio.
La sala dei pasti comuni
er ricavare questa Sala, al piano terreno dell’ala destra, fu tamponato un portico preesistente, lasciando in vista solo parte delle due colonne che un tempo reggevano il tetto. La tradizione vede queste colonne come simbolico ricordo di quelle del Tempio di Salomone, ma, se così fosse, la loro edificazione dovrebbe risalire al periodo di occupazione ebraica dell’edificio (sec. XVIII) in contrasto sia con lo stile dei capitelli, sia con l’essere chiaramente strutture precedenti inserite in una parete più recente. È probabile, invece, che le colonne siano coeve a tutto il complesso delle case dei Solaro.
LA CASA “DEL RABBINO”
Collocata n via della Pace, 6, nell’ex proprietà della famiglia Villa., è una delle abitazioni gotiche più pregevoli della Chiocciola.
Unico tra gli edifici chieresi dell’epoca scelto da Alfredo d’Andrade per essere riprodotto a Torino all’interno del Borgo Medioevale.
L’ARCHITETTURA
E’ un edificio a tre piani fuori terra, con pianta a L, prolungato verso la corte da una manica di epoca barocca, i cui corpi fanno fulcro attorno ad una scala-torre angolare a due rampe collegata con i balconi in legno che si affacciano sulla via vicinale e sulla corte.
La casa conserva integre tutte le caratteristiche gotiche: sul fronte verso la via vicinale e su quello verso il cortile si affaccia con due piani di ballatoi in legno; sull’angolo formato dai due fronti si appoggia una scala-torre, adorna di piccole finestre con cornice in cotto, che serve le camere sia di un fronte che dell’altro.
Verso Via della Pace (rispetto alla quale la casa risulta rientrante, per lasciar spazio in origine, probabilmente, ad un portico) il piccolo fronte si suppone dovesse essere completato, con merli (guelfi?).
I restauri più recenti
Il complesso è stato oggetto di restauri strutturali, murari e decorativi fino al 2006.
Varie aree dell’isolato sono ancora in attesa di restauri complessivi, come lo spazio dell’aula della Sinagoga e dell’abitazione sottostante, al piano terreno.
Tutto il complesso dell’ex ghetto è suddiviso in diverse proprietà private.