Palazzo Brea


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Il palazzo è situato nel quartiere medievale Arene, a sud della cosiddetta Chiocciola.

Il primo proprietario documentato nei catasti comunali (anno 1579) è la famiglia Robbio, che nel 1624 cedette il palazzo a Francesco Brea. Questa famiglia ne mantenne la proprietà per circa duecento anni, fino a quando nel 1816 la stessa passò alla famiglia Adami.

Nel 1852 il palazzo venne acquistato dai Burzio che man mano iniziarono a suddividerlo tra gli eredi della famiglia. In questo periodo fu abitato da vari affittuari ed i proprietari spostarono la loro abitazione principale a Torino, accelerando il progressivo degrado dell’edificio. In questa fase furono anche dispersi quasi tutti gli arredi originali.

A cavallo tra la fine degli anni ‘30 e la metà degli anni ‘50 furono vendute tre porzioni dell’edificio alle famiglie fino a quel momento affittuarie dei modesti alloggi (Piovano, poi Civera – Allora, poi Lazzero – Croveri, poi Manolino).

 

L’ARCHITETTURA E I PRINCIPALI INTERVENTI STORICI

Il complesso edilizio noto come Palazzo Brea, che attualmente si sviluppa con una pianta a C attorno ad una corte centrale, rappresenta l’unione di tre distinti edifici, avvenuta tra il XV ed il XVII secolo.

Oggi si presume che il corpo originale del palazzo fosse solamente quello che si sviluppa lungo via Tana; ciò è rafforzato dal fatto che le maniche trasversali pieghino leggermente verso l’interno e presentino una facciata composta in maniera diversa. Il fronte verso via Palazzo di Città, che dà sul secondo cortile privato, presenta un coronamento con due pinnacoli (simile alla Casa del Rabbino) che evidenzia chiaramente una facciata principale.

La datazione trecentesca di questo primo edificio è confermata in facciata della presenza di spessi muri perimetrali e di piccole finestre rettangolari solo a livello del piano nobile e del sottotetto. L’effetto piuttosto ermetico è caratteristico del XIV secolo sia da motivi climatici che di sicurezza. Le aperture ogivali sono state aggiunte nel corso del XV secolo.

Gli altre due maniche che formano l’attuale C, sono state accorpate alla prima con due piccole porzioni vicino all’angolo nelle quali, sulla manica di fronte a Palazzo Tana, è stato ricavato il passo carraio (XVIII o XIX secolo), e all’opposto un corpo scale, sfalsato rispetto a quello sull’angolo di via Principe.

Su questa via, la porzione di collegamento potrebbe essere la base troncata di una torre che pare collocata in quel punto nel Theatrum Sabaudiae del 1682.

In realtà le fasi costruttive di questo complesso sono ancora più articolate e progressive. Le due corti sono state chiuse con spazi di servizio per attività artigiane a partire dal XIX secolo. In questo periodo verso l’interno sono stati costruiti i ballatoi, tinteggiate le facciate e nascoste le aperture gotiche, inserendo forzatamente delle regolari finestre con persiane.

Anche internamente il palazzo ha subito pesanti modifiche, in base alle esigenze abitative e lavorative dei vari residenti, in particolare da metà ottocento fino agli anni ‘70.

 

I restauri più recenti

L’unica porzione che è stata oggetto di un completo e recente intervento è quella, più piccola, dei Civera.

Dal 2005 è stato redatto un attento progetto di restauro e consolidamento di tutti quanti gli altri fronti e coperture.

Il complesso presenta un diffuso stato di degrado, accentuato dai numerosi interventi storici. Attualmente sul primo cortile è stata eseguita la rimozione dell’intonaco in facciata e la demolizione dell’edificio di servizio (maldestramente addossato alle murature medievali).

L’impresa Case Manolino ha previsto anche un intervento all’interno della propria porzione, con l’obiettivo di rifunzionalizzare gli spazi a fini abitativi (e commerciali a piano terreno). Una delle priorità è il recupero dei soffitti a cassettoni (a volte decorati da cornici), e delle aperture gotiche, a cui si sta procedendo.

Il cantiere è aperto da circa due anni. Al momento non si può stimare la durata effettiva dei lavori.